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La Tecnica

La Tecnica

Dalla carrozzeria per auto di un amico nel 1965, dove prende spunto per l'uso di stucchi e vernici, alla tecnica digitale nel 2012.

Lungo questo arco di tempo la tecnica di Minguzzi cambia significativamente e con essa si sviluppa la sua pittura.
Si possono distinguere principalmente 4 periodi:

1964-1972 I Lavori vengono eseguiti applicando più strati di colore (vernice per auto) su fogli di masonite e levigati per evidenziarne disegno e sfumature.
E' inoltre il periodo dei polimaterici su tela “... campendo vaste superfici vincolate ad intensi toni policromi sono emersi spazi in sé e per sé astrattamente indefiniti, ma che una perentoria razionalità geometrizzante ha potuto puntualizzare e dinamicizzare “ (1)

I materiali impiegati sono i più eterogenei: impasti di terre colorate, lamine di metallo lucide o colorate, tessere di mosaico ed elementi in plexiglass di varie forme “Ecco allora che la composizione è nel materiale usato, è infine il materiale stesso. Il quadro, il suo organizzarsi e realizzarsi estetico, stanno nell'effetto originato e nei richiami policromi, spaziali, geometrici - che la dialettica segnica presuppone: la matrice diviene essenziale e si fa forma “ (1)

 

1972-1974 La tela viene sostituita con una lastra di plexiglass dove la pittura viene vista in trasparenza. Sulla lastra sono posti elementi geometrici, anch'essi in plexiglass: si ottiene così una perfetta fusione fra colore e materia:
“ gli elementi cromatici e quelli materici si uniscono, si fondono, si mescolano vicendevolmente in raffinati effetti spazio-temporali” (2)

1975 L'opera pittorica di Minguzzi evolve nel movimento “optical” che viene interpretato con una tecnica del tutto originale:

- l'effetto del movimento scaturisce dalla combinazione di moduli a varie gradazioni di colore ripetuti orizzontalmente e verticalmente con andamento curvilineo;

- la visione dell'opera attraverso la trasparenza della lamina in plexiglass conferisce lucentezza e potenzia l'effetto ottico.

2009-2018 Minguzzi decide di reinterpretare i propri lavori del “genere optical” con l'ausilio della tecnica digitale che consente di ottenere nuove forme espressive. Tutti i lavori sono realizzati partendo da uno o più soggetti dipinti in precedenza, ottenendo in tal modo rappresentazioni del tutto innovative.
 

Questa tecnica è divenuta anche lo strumento per la rappresentazione di una nuova forma espressiva: la contaminazione di immagini fotografiche con le opere pittoriche manipolate digitalmente.


Per ottenere migliori risultati decide di costituire quella che potrebbe essere definita erede delle antiche botteghe rinascimentali, insieme a Stefano Pelloni e Mattia Franchi, una struttura chiamata “Multiverso Studio” dove le energie creative sono sviluppate verso una continua e costante ricerca artistica.


1) Gualtiero De Santi 1972
2) Guido Laghi 1973